AMERICAN IN ME W/ METHANE STUDIOS e Sergio Leone

Per Natale AMERICAN IN ME vi fa un bel regalo: Mark McDevitt risponde anche per Robert Lee, il pacchetto tutto da scartare si chiama ‘Methane Studios’. Uno dei migliori studi grafici di sempre, siete stati bravi e ve lo meritate. Spacchettate pure!

D.: Methane Studios nasce nel 1998, un periodo interessante per gli studi grafici degli USA. Com’era l’atmosfera in quel momento?

R.: Abbiamo cominciato a fare posters perchè cercavamo una libertà creativa dai rispettivi lavori. Una volta iniziato a fare grafica ci siamo elettrizzati e abbiamo imparato a sperimentare divertendoci. Per i 5 o 6 anni successivi è sembrata esserci un’esplosione di posters in Nord America. Il mondo era ancora un pò soffocante nei confronti di quest’arte, ma ha saputo abituarsi presto al fenomeno dilagante.

D.: Nella biografia che riportate sul vostro sito ci raccontate come vi siete conosciuti e come avete deciso di collaborare. A volte dividere la carriera professionale con qualcuno che ami o con il tuo migliore amico può comportare rischi, incomprensioni. Avete mai vissuto queste eventualità?

R.: Abbiamo avuto alcune divergenze ma ci conosciamo da tantissimo tempo e sappiamo di essere importanti l’uno per l’altro. Conosciamo le abitudini lavorative e cosa detestiamo reciprocamente…è quasi come avere una seconda moglie!

D.: Parliamo della vostra illustrazione. Siete molto chiari riguardo al moderno uso del computer e utilizzate i programmi di grafica solo perchè sono più veloci. Quando accade che il computer possa distruggere il lavoro manuale?

R.: Quando i computers arrivarono sul mercato, verso la fine degli anni 80 improvvisamente tutti diventarono designers perchè avevano a disposizione uno strumento in grado di fare qualunque cosa. Ho visto una marea di lavori creati al computer che tendono ad essere rigidi e senza vita ma degli ottimi disegnatori hanno trovato il modo di utilizzare un pc e al contempo conservare la qualità dell’immagine. Tutto in realtà parte da un buon concetto di base accompagnato da una grossa quantità di schizzi, e noi non smettiamo di scarabocchiare quaderni dal college!

D.: Come affermate voi stessi, il rock poster del Methane ha un sapore vintage. Come mai?

R.: Entrambi siamo cresciuti nell’Ohio rurale accerchiati da vecchi fienili, e ci sentivamo a casa. Mia mamma creava coperte e bambole per venderle in un negozio chiamato Farmers Country Store. Avrei voluto andarci, da ragazzino, e lasciarmi affascinare da tutte quelle particolarità in vendita. Siamo entrambi amanti della musica, e le cover dei dischi sono state una grandissima ispirazione, così come il packaging in generale e i manifesti cinematografici.

D.: Siete uno degli studi grafici più interessanti degli ultimi venta’anni, e avete fatto le vostre esperienze. Quale consiglio vi sentite di dare ai giovani poster artists?

R.: E’ interessante come ci siamo ritrovati. Quando ci laureammo al college, sul finire degli anni 80 non avevamo idea che saremo finiti per fare posters, ma sapevamo di voler lavorare da per noi. Abbiamo faticato molto facendo le cose più disparate, ma tutte le sere che tornavamo a casa ci mettavamo a disegnare e magicamente si materializzava davanti ai nostri occhi quel mondo in cui avremmo realizzato i nostri progetti e ci saremo fatti sentire. Il mio consiglio è di lavorare duro, fare più esperienza possibile, essere perseveranti e mettere tutto l’amore che serve in questo mestiere, perchè non sarà sempre facile. E una birretta ogni tanto non guasta mai.

 

D.: Infine, una domanda IPRA: che film sarebbe il Methane Studios?

R.: ‘Il buono, il brutto, il cattivo’, senza alcun dubbio.

Oregon Pizza nasce a Napoli nel 1988. Si trasferisce in Emilia-Romagna e dopo aver frequentato l'Istituto Statale d'Arte di Forlì si iscrive all'Accademia di Belle Arti di Bologna, svolgendo prima il triennio di Scenografia e successivamente il biennio di Illustrazione. Fa tirocinio presso teatri locali (Diego Fabbri, Forlì) e non (Sociale, Rovigo); elabora loghi e locandine per eventi. Ama la musica ma - sinceramente - le riesce meglio disegnarla che suonarla.

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