AMERICAN IN ME W/ INVISIBLE CREATURE in salsa Viennese

Non ci si dovrebbe mai schierare quando si ha a che fare con più artisti, ma non posso esimermi dall’esprimere la più profonda gratitidine verso Don e Ryan Clark. La Invisible Creature è probabilmente il mio studio grafico preferito, e riceverlo ai microfoni di IPRA è stato un autentico piacere. Con questa intervista American In Me conclude il suo ciclo, e si prende una doverosa pausa dopo l’intensa tourèe a zonzo per gli States. Arrivederci e grazie, amici.

D.: La Invisible Creature nasce da due fratelli che nel 2000 si trasferiscono da Sacramento a Seattle. Una parabola molto simile a quella di Barry e Jeff Ament che, qualche anno prima, dal Montana arrivano nella futura grunge city e fondano la Ames Bros. Design, una delle realtà grafiche più interessanti degli ultimi tempi. Cosa offriva Seattle in quegli anni?

R.: Seattle era la destinazione prediletta fin dalla nostra adolescenza. Ci andammo in vacanza con i nostri genitori nei primi anni Novanta e ci innamorammo della città, della sua musica, della sua cultura e ovviamente, delle sue bellezze naturali. Solo dopo ci accorgemmo di Jeff Kleinsmith, dei Rockets, della Sub Pop e del resto. Ricordo chiaramente di aver fantasticato sul mio futuro a Seattle, sul poter mettere su casa, e famiglia. Sul poterci lavorare. Siamo riusciti a realizzare tutto questo. La nostra città natale, Sacramento, ci ha fatti innamorare del punk rock e del design, ma Seattle è stato il luogo in cui tutto è diventato possibile, e non credo che ce ne andremo mai.

D.: Avete iniziato a lavorare nel 2000 ma la fondazione della IC risale solo al 2006. Come avete capito che era giunto il momento di creare qualcosa di vostro?

R.: In realtà cominciammo creando la Asterik Studio nel 2001. Ci siamo evoluti con la IC nel 2006, che essenzialmente era un’estensione della nostra prima attività. Volevamo focalizzarci maggiormente sull’illustrazione e sul design di prodotto, ma volevamo anche restare fedeli alle nostre radici e all’industria musicale. Abbiamo provato a bilanciare le cose, e abbiamo scelto di chiamarci ‘Invisible Creature’ proprio per dare aria e spazio al futuro, per non limitarci. Per sentirci liberi di provare. Giocattoli? Articoli per la casa? Abbigliamento? Volevamo tutto, senza confini.

D.: Parliamo del rock poster. Raccontateci il vostro processo creativo.

R.: Beh in effetti è molto semplice. Giriamo intorno a poche e funzionali idee, ci focalizziamo su una di queste e la elaboriamo fino a perfezionarla. Non ci sono molte revisioni, poiché il concept e lo stile del poster sono decise da noi nella quasi totalità dei casi. Il controllo creativo assoluto è un’arma a doppio taglio, poiché rende tutto estremamente libero. D’altro canto, ‘sky is the limit’ quindi l’immaginazione deve viaggiare finchè può, senza preoccupazioni. Ci divertiamo un mondo, insomma!

D.: I rock posters solitamente traggono ispirazione dalla graffiti art, dalle forme più aggressive della grafica e dalle sue font. Nel vostro caso invece c’è un ritorno al vintage che ultimamente è comune a molti artisti. L’illustrazione per l’infanzia degli anni Cinquanta e Sessanta è molto presente (non a caso, vi occupate anche del design di giocattoli) senza contare le soluzioni à la Paul Rand. Come nasce questo stile?

R.: L’arte degli anni Cinquanta è molto presente, si. Nostro nonno è stato illustratore alla NASA per oltre trent’anni e la sua arte fu una vera ispirazione per noi. Quell’approccio ottimista e genuino mi trascinò, e la visione che arrivò dopo la guerra riuscì ad evolversi in modi straordinari, inaspettati. Chiaramente quindi l’arte che va dagli anni ’40 agli anni ’70 in toto ci ha dato molti interessantissimi spunti.

D.: Nella vostra biografia sembra di capire che gran parte del vostro interesse per la poster art nasca dalla passione per la musica, e per il punk rock in particolare. Quanto vi influenza per la creazione del prodotto artistico?

R.: La musica è una costante, e viene continuamente ascoltata in studio. Sul serio, non credo che ci siano mai stati più di cinque minuti di silenzio! E’ una parte fondamentale del processo, lo è sempre stata.

D.: Infine, una domanda I.P.R.A.: per quale musicista classico fareste un poster?

R.: Beethoven, naturalmente!

Oregon Pizza nasce a Napoli nel 1988. Si trasferisce in Emilia-Romagna e dopo aver frequentato l'Istituto Statale d'Arte di Forlì si iscrive all'Accademia di Belle Arti di Bologna, svolgendo prima il triennio di Scenografia e successivamente il biennio di Illustrazione. Fa tirocinio presso teatri locali (Diego Fabbri, Forlì) e non (Sociale, Rovigo); elabora loghi e locandine per eventi. Ama la musica ma - sinceramente - le riesce meglio disegnarla che suonarla.

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